IL CURIOSO CASO ITALIANO DELLE PALLINE CLIC-CLAC

Croce e delizia di un’intera generazione di bambini cresciuti negli anni ’70, le rumorose e dolorose “clic-clac”, dette anche “clackers” (nella loro accezione internazionale), furono, per un breve ma intenso periodo, un vero e proprio fenomeno di massa, un’isteria collettiva estiva, motivo di preoccupazione per genitori, e argomento di discussione per sociologi, pedagogisti e opinionisti, che si chiedevano se queste “palline infernali” fossero solo “un’innocente mania o il peggior prodotto della società del benessere”. 

Un gioco la cui pericolosità era evidente.

“Potenzialmente mortali” scriveva qualcuno. E responsabili di incidenti anche gravi: la BBC in una ricerca del 1971, stimò che in quell’anno furono la causa di almeno il 94% dei lividi presenti sui bambini. 

Ma da dove arrivavano? E come sono approdate in Italia? 

Presumibilmente ispirate alle boleadoras (o bolas), un antico e curioso strumento di caccia argentino, fecero la loro prima apparizione negli Stati Uniti intorno al 1967. 

Secondo un articolo de La Stampa del 1971, pare che l’idea fosse norvegese:

La primissima versione immessa sul mercato americano consisteva di una cordicella di nylon e due palline (più grandi delle versioni successive) di vetro temperato. Divennero ben presto virali ma nel giro di qualche mese furono messe al bando in quanto le biglie nel loro continuo ticchettare si scaldavano e “scoppiavano”, causando incidenti anche gravi, soprattutto perché i frammenti di vetro finivano negli occhi.

Ne fu dunque commercializzata una versione con le palline in plastica, ma il problema si ripresentava, fino a quando, viste le enormi potenzialità commerciali del giocattolo, le aziende si impegnarono a ottimizzare degli standard per renderlo meno pericoloso: la cordicella fu ridotta in lunghezza, e la plastica delle palline (quest’ultime ridotte di diametro) trattata con uno speciale procedimento che la rendesse più dura e priva di bolle interne.

Fu il 1970 l’anno in cui si arrivò a uno standard definitivo che fu poi quello con cui le palline furono conosciute nel mondo. 

In Italia il prodotto fu messo in commercio nel Giugno del 1971, grazie all’intuizione dell’industriale Clemente Martinelli, un fabbricante di oggetti in plastica, le cui officine erano situate a Robbio Lomellina.

Il successo nel nostro Paese, che raggiunse il suo culmine nell’agosto di quell’anno, fu immediato e clamoroso, come spiega questo articolo de La Stampa del 12 agosto 1971:

L’azienda di Robbio, nell’Agosto di quell’anno era arrivata a produrre 90.000 pezzi al giorno, tanti quanto ne riusciva a fare, nonostante i 70 dipendenti e un centinaio di famiglie dello stesso paese, coinvolte nell’assemblare e confezionare a domicilio il prodotto. In tre mesi erano stati già “sfornati” 4 milioni di pezzi.

Il Parroco di Rubbio, nello stesso articolo, in un registro crepuscolare e pascoliano diceva

Ma la poetica “benedizione” del Parroco non bastò a frenare le critiche e le giustificate preoccupazioni che si abbatterono sulla massiccia diffusione del prodotto, a seguito anche dei numerosi incidenti che si verificavano un po’ in tutta Italia. 

Un articolo del Corriere della Sera del 18 Agosto riportava che a Palermo

Negli stessi giorni, a Mestre, una ragazza di quindici anni si feriva gravemente a un occhio e veniva sottoposta a un intervento chirurgico per la ricostruzione del bulbo. 

In quell’Agosto del 1971, riportare notizie di incidenti causati dalle palline diventò un trend: il quotidiano La Stampa, il 13 di quel mese riportava che il giorno prima, ad Amburgo, un bambino si colpì alla tempia e morì sul colpo

In seguito a questo incidente il prodotto venne bandito negli asili e nelle scuole della Germania 

Ma la pericolosità non era l’unico aspetto controverso del giocattolo, il vero motivo per cui fu odiato da “governo e matusa” fu la sua fastidiosissima rumorosità

Sempre La Stampa, nello stesso articolo sull’incidente in Germania riportava:

Quella stessa estate, il gioco venne bandito a Ischia e a Trieste. 

Un po’ in tutta Italia fioccavano denunce e proteste per disturbo alla quiete pubblica.

Il 22 Agosto, La Stampa riportava un fatto accaduto ad Ivrea:

Sempre ad Agosto di quell’anno, nella frazione di Calcinatello, a Brescia, venne organizzato il “Clic-Clac D’Oro”, un campionato internazionale, che fece accorrere gente da tutto il mondo. L’evento attirò l’interesse della stampa internazionale. 

Anche il New York Times dedicò un lungo e dettagliato articolo all’evento

Nello stesso articolo, si sottolineava anche la portata del fenomeno nel nostro Paese, tale da scomodare intellettuali ed editorialisti

Il fenomeno “clic clac”, almeno in Italia, si sgonfiò ben presto. Già dopo quell’agosto i giornali avevano smesso di parlarne. Probabilmente la campagna mediatica negativa messa in atto, fece sì che molti genitori proibissero i figli di comprare o usare il giocattolo.

Ma in Italia, l’articolo sopravvisse per tutti gli anni ’70 e ’80. Non era difficile trovarlo in quegli anni, sugli scaffali o sulle bancarelle dei mercati. 

Godette di un certo ritorno commerciale e “virale” nell’estate del 1979, ma non nelle dimensioni del 1971.

Nel nostro Paese, contrariamente a molti altri (tra cui gli Stati Uniti), e contrariamente a ciò che molti credono, non fu mai messo al bando. Oggi è considerato un giocattolo “maledetto” e gode di cattiva fama per la sua evidente pericolosità. 

Su Amazon o su Ebay se ne trovano di vari tipi, ma è un mercato relegato ai nostalgici e ai collezionisti di oggetti cosiddetti “cult” del passato. 

Le ultime notizie riguardo a una loro diffusione di massa, risalgono al 2017, e provengono dall’Egitto. In quell’anno diventarono, nel loro stile, subito virali, ma vennero però ben presto messe al bando, non per la loro pericolosità o per la loro rumorosità, ma perché erano conosciute da tutti come “Le palle di Sisi”, chiaro riferimento ai testicoli del Presidente egiziano, tuttora in carica.

©Recensioni Malsane

Fonti:

  • BBC Archive – #OTD 1971: Clackers, responsible for at least 94% of all human bruises, finally got their comeuppance https://archive.org/details/twitter-915992494587895809
  • BBC Archive – #OnThisDay 1971: The Man may have confiscated your clackers (health and safety gone mad!), but fret not, Blue Peter had alternatives… https://archive.org/details/twitter-1051457601966288897
  • Ischia mette al bando il terribile “clic-clac”. La Stampa. 10 Agosto 1971
  • E’ nato in una clinica psichiatrica il clic clac che ci fa impazzire. La Stampa. 12 Agosto 1971
  • Un bimbo in Germania si uccide con il clic-clac. La Stampa. 13 Agosto 1971
  • In Italy, the Noisy Clackers Have Gone From Nuisance to Recognized Sport. The New York Times. 14 Agosto 1971
  • Braccio paralizzato da un colpo di “clic-clac”. Corriere della Sera. 18 Agosto 1971
  • Finirà davanti al pretore per il clic-clac rumoroso. La Stampa. 22 Agosto 1971
  • ‘Sisi’s balls’: Egypt cracks down on popular children’s toy making fun of president’s ‘clackers’ https://english.alaraby.co.uk/english/news/2017/11/8/sisis-balls-egypt-cracks-down-on-popular-childrens-toy

3 risposte a “IL CURIOSO CASO ITALIANO DELLE PALLINE CLIC-CLAC”

  1. Avatar Carletto Tartaglia
    Carletto Tartaglia

    Che ricordi, e quante botte sui polsi.

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  2. Me le ricordo bene… che cosa assurda!

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  3. Ciao. Io avevo il click clack tradizionale, con le due palline di plastica dura (una gialla l’altra rossa), la cordicella e un affare per tenere il gioco in mano. Non ci giocai molto perché non ho mai amato i giochi rumorosi, inoltre girava voce che ci si poteva procurare dei lividi ai polsi e alle mani e che una nuova botta sul livido poteva diventare un tumore!
    Qualche tempo dopo, nelle patatine San Carlo ma se ricordo bene anche in un numero di “Più e il suo gioco” (dato che ne avevo due di questa versione), si poteva trovare un click clack migliorato e innocuo, essendo più piccolo e tutto di plastica dura e costituito da due coppie di pezzi da montare: la corda era sostituita da due bastoncini aventi una pallina all’estremità e un ingranaggio nell’altra, questi ultimi messi a contatto in quella che era l’impugnatura del gioco, tra pollice e indice.

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