IL VENDITORE DI PALLONCINI: IL LACRIMA-MOVIE NEOREALISTA

Stracultissimo del 1974, prodotto subito dopo l’exploit commerciale e internazionale de “L’ultima neve di primavera”, col furbo intento di bissarne il successo.

Fu scritto e diretto da Mario Gariazzo, anche autore (ma non regista) del precedente, prolifico regista e sceneggiatore di film di genere italiani, un cineasta che passava con disinvoltura dallo spaghetti western all’horror, dal lacrima movie all’erotico. Uno dei protagonisti di quel cinema italiano “da cassetta” degli anni ’70.

Gli stilemi narrativi (che poi erano quelli del Lacrima Movie) sono gli stessi de L’Ultima Neve di Primavera: il Cestié morente, i genitori pentiti, il tema musicale ficcante e ossessivo, la morte finale.

Ma alle ambientazioni chic e patinate del precedente si optò per un neorealismo sporco e molto “italiano” (che Stanis La Rochelle non avrebbe apprezzato! ): il film è ricco di scene girate con cineprese a spalla e recitato anche in dialetto romano (“facce la parte der cornuto che è quella che te riesce mejo!”)

Venduto in tutto il mondo (col titolo internazionale Last Moments), grazie alla risonanza del successo del precedente, ma anche perché migliore, più centrato, a partire dall’affollatissimo cast, che includeva attori di levatura e star internazionali dell’epoca: James Withmore, Lee J.Cobb, Marina Malfatti, Adolfo Celi, Maurizio Arena, Lina Volonghi, Gianni Agus, Ciryl Cusack.

Un cast di tale spessore poiché, a mio avviso, la produzione fu ben foraggiata da investitori americani, che si buttarono ovviamente “a pesce” nel progetto, viste le potenzialità commerciali.

È certamente un film di genere, furbo, ruffiano quanto si vuole, ma è confezionato con mestiere, e con delle trovate registiche, in alcuni casi, sorprendenti: il montaggio alternato con il bambino che collassa stremato per strada mentre il padre ubriaco fradicio fa il buffone al bar, Marina Malfatti, la madre-prostituta che deve andare all’ospedale a trovare il figlio che non vede da anni e diventa isterica perché nel tentativo di cambiarsi in fretta i vestiti non ne trova uno appropriato, Lee J. Cobb che mentre ruba il denaro a casa di Giacomino viene assalito dagli sguardi minacciosi dei burattini, la breve scena senza dialoghi con Gianni Agus direttore del circo, che capisce tutto con gli sguardi.

Nei fatti, questo film è un vero e proprio lassativo emozionale, “terapeutico” sotto certi aspetti.

Il venditore di palloncini” è un film meno banale di quanto si creda, e va letto in chiave religiosa, spirituale, anche esoterica.

Qui non si piange per la morte del bambino, telefonatissima e annunciata senza speranze già dopo dieci minuti di film, ma si piange di commozione per la redenzione di tutti i “brutti, sporchi e cattivi” personaggi del film che si purificano, che “lavano i loro peccati” e fanno pace con la vita e con il mondo, attraverso il sacrificio simbolico del protagonista.

GiacominoCestié è un piccolo Gesù Cristo, un angelo forse, la cui missione è appunto quella di “salvare” i brutti personaggi che ruotano attorno alla sua vita, rendendoli “buoni” attraverso la sua morte fisica.

E il tutto si risolve in una sorta di cerimoniale, nel rito finale di uno spettacolo circense che assume contorni onirici, lisergici. Il circo diventa un luogo quasi metafisico in cui si realizza il “sacrificio”, e in cui il bambino si ricongiunge a Dio, il quale si “incarna” ai suoi occhi nelle vesti di un umile venditore di palloncini, interpretato da Ciryl Cusack.

Molto suggestivo il momento finale su cui scorrono poi i titoli di coda, del palloncino come metafora dell’anima, che il bambino, sorridendo, lascia volare via, ed è un lieto fine, rassicurante, consolatorio: Giacomino ha compiuto la sua missione ed è tornato a casa sua, in cielo.

“Il venditore di palloncini” è essenzialmente un racconto di redenzione e credo che sia un film sottovalutato perché appartenente a un genere commerciale eticamente discutibile, ma ha un “suo perché” e meriterebbe di essere riscoperto.

Notevole anche la colonna sonora di Stelvio Cipriani, purtroppo fuori commercio, con il tema del valzerino suonato con un pianoforte “scordato” e che risuona durante tutto il film.

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