
Una premessa: non ho mai guardato la nota serie di Jenny la Tennista, né tantomeno ho letto i manga.
Quando lo davano alla tv non mi interessava, non ero attratto dal contesto della storia, né dai disegni, che trovavo ripugnanti, con quei nasi eccessivamente lunghi e quegli occhi ipercigliati.
L’anime televisivo in questione, che esordì nel 1973, e che da noi debuttò nel 1981, sulle tv locali, con la sigla italiana di Nico Fidenco, era diretto da Osamu Dezaki. Il character design era di Akio Sugino, che si limitò a ricalcare, quanto più fedelmente, lo stile grafico di Sumika Yamamoto, l’autrice del fortunatissimo manga da cui l’anime era tratto.
Il manga era uscito l’anno prima e aveva, da subito, riscosso un successo straordinario che si è trascinato fino ai giorni nostri.
Un successo che nel tempo ha generato la produzione di altre serie animate per la tv, OAV, romanzi, una fiction (dorama), un videogioco, e anche questo lungometraggio d’animazione per il cinema, uscito nel 1979, ma da noi approdato qualche anno dopo, direttamente in televisione, nei circuiti delle tv private.

“Jenny La Tennista IL FILM” fu realizzato dalla stessa coppia di autori della serie tv, ma sembra che qui i due abbiano voluto fare di testa loro, svincolandosi dal manga, e mettendoci dentro tutta l’estetica che li caratterizzava come autori, e che nella serie credo fosse parecchio soffocata.
La cosa che più stupisce di questo film è che nonostante risalga a 45 anni fa, è di una modernità sorprendente, intrinseca, che è dovuta alla particolare cura estetica che gli autori ci hanno messo, ottenuta anche grazie a un budget da produzione cinematografica.
In questo film, il richiamo a “Remi le sue avventure“, o al più recente “Caro Fratello” è fortissimo, sia nella tipica regia di Dezaki, sia nel meraviglioso character design di Sugino. Si ravvisa anche una certa similarità coi personaggi “adultizzati” degli ultimi episodi di Lady Oscar, a cui Sugino, sembra, ci mise mano, seppure non accreditato.


Ho visto questo film, per la prima volta, qualche mese fa, e devo ammettere di esserne rimasto incantato, soprattutto per le immagini, e di essermi lasciato affascinare anche dal racconto: c’è della poesia, si avverte una sorta di fascinazione verso quelle atmosfere sognanti che raccontano essenzialmente di un microcosmo scolastico di quegli anni. Ho avvertito lo stesso “mood” delle storie di Banana Yoshimoto, quello stesso retrogusto di dolcezza mista a melanconia.
Il film ovviamente non racconta tutte le vicende del manga, ne racconta la parte iniziale, ma ha un suo arco narrativo, con una sua conclusione, che non lascia nessun senso di incompiuto.
È un film che si prende i suoi tempi cinematografici e si concentra non tanto nella narrazione sincopata degli accadimenti, ma nelle atmosfere, che per quanto sognanti, restituiscono comunque un affresco molto realistico (e in qualche modo nostalgico) di quell’ambiente.
Ho screenshottato alcune immagini, che forse vi convinceranno a cercare questo film, se non l’avete ancora visto: ne vale la pena. È quanto di meglio l’animazione giapponese del passato abbia potuto donarci.
































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